La scienza della risata
Perché si ride?
I ricercatori non hanno ancora compreso le ragioni per cui le persone ridono. Il concetto di umorismo è difficile da studiare: sebbene tutti comprendano intuitivamente cosa sia l’umorismo e i dizionari possano definirlo come “la qualità dell’essere divertenti”, è difficile definirlo in senso psicologico in un modo che comprenda tutti i suoi aspetti.
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Di cosa è fatto l’umorismo?
L’umorismo può evocare il più semplice sorriso di divertimento o una risata esplosiva; può essere veicolato con parole, immagini o azioni e attraverso foto, film, barzellette o opere teatrali, e assumere moltissime forme, dalle battute innocenti al sarcasmo pungente e da gag fisiche e farsesche a doppi sensi molto raffinati.
Chi ha parlato per primo di umorismo?
Si ritiene che sia stato Platone, ma anche altri filosofi dell’antica Grecia. Questi filosofi ritenevano che il riso derivi dal sentirsi superiori a situazioni imbarazzanti o disgrazie che colpiscono gli altri.
Cosa ne pensa la psicoanalisi?
Sigmund Freud sosteneva che la risata permette alle persone di sfogarsi o rilasciare “energia nervosa” repressa. Secondo lo psicoanalista viennese, questo processo spiega perché temi che affrontano spinosi temi sociali ed etnici possono divertirci. Quando arriva la battuta finale, l’energia impiegata per sopprimere le emozioni inappropriate, come il desiderio o l’ostilità, non è più necessaria e viene quindi rilasciata sotto forma di risata.
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Ci sono altre spiegazioni sulla risata?
Si, c’è una terza spiegazione chiamata teoria dell’incongruenza, secondo la quale le persone ridono per la giustapposizione di concetti incompatibili tra loro, cioè dall’incongruenza tra aspettative e realtà. Secondo una variante della teoria, nota come risoluzione dell’incongruenza, la risata avviene quando una persona scopre una soluzione inaspettata a un’apparente incongruenza, come quando un individuo coglie un doppio significato in un’affermazione e quindi vede l’affermazione sotto una luce completamente nuova.
Inoltre, nel 2010 sulla rivista Psychological Science, A. Peter McGraw e Caleb Warren, proposero una teoria che chiamarono “violazione benigna” che aveva lo scopo di unificare le teorie precedenti e affrontare i loro limiti. L’ipotesi di McGraw e Warren derivava dalla teoria dell’incongruenza, ma andava più in profondità.
L’umorismo, dicevano questi ricercatori, nasce quando una persona riconosce contemporaneamente che una norma etica, sociale o fisica è stata violata e che questa violazione non è molto offensiva, riprovevole o sconvolgente. Quindi, qualcuno che giudica una violazione come un grosso problema si divertirà, mentre qualcuno che lo trova scandaloso, disgustoso o semplicemente poco interessante non lo farà.
I risultati sperimentali degli studi condotti da McGraw e Warren corroborano questa ipotesi. Si pensi, ad esempio, alla storia di una chiesa che recluta fedeli partecipando a una lotteria per vincere un SUV. Tutti i partecipanti allo studio hanno giudicato la situazione incongrua, ma solo i non credenti ne hanno riso prontamente.
Questi ricercatori sono tornati sull’argomento nel 2012, ancora una volta su Psychological Science con una nuova idea: le disgrazie (un incidente d’auto, per esempio, che non ha avuto effetti duraturi per mantenerne fresca la memoria) possono sembrare più divertenti, grazie al fatto che è passato del tempo.
Tutto effetto della lontananza nel tempo, dunque, ma non solo. Anche la lontananza geografica o emotiva possono funzionare, così come il fantasticare una situazione immaginaria. In un altro test, i volontari si sono divertiti davanti a foto macabre (come un uomo con un dito infilato nel naso che usciva dall’occhio). Gli effetti erano creati con Photoshop ed erano molto godibili, ma se veniva spiegato che le immagini non erano illusione ottica, ma pura realtà, i partecipanti erano molto meno divertiti.
McGraw sostenne in questo studio che sembra esserci un punto umoristico ottimale in cui l’equilibrio è raggiunto, tenendo in considerazione la “cattiveria” della situazione e la sua distanza nel tempo e nello spazio.
Dal punto di vista evolutivo a cosa è servito ridere?
Gil Greengross, un antropologo dell’epoca all’Università del New Mexico, ha scoperto che l’umorismo e le risate si verificano in ogni società, così come nelle scimmie e persino nei topi. Questa universalità suggerisce un ruolo evolutivo, sebbene l’umorismo e le risate potrebbero plausibilmente essere un sottoprodotto di qualche altro processo importante per la sopravvivenza.
In un numero del 2005 della Quarterly Review of Biology, il biologo evoluzionista David Sloan Wilson e il suo collega Matthew Gervais, hanno offerto una spiegazione dei benefici evolutivi dell’umorismo. Partendo dalla teoria della selezione di gruppo, basata sull’idea che la selezione naturale tende a favorire caratteristiche che migliorano la sopravvivenza del gruppo sociale, oltre che degli individui, Wilson e Gervais hanno applicato il concetto di selezione di gruppo a due diversi tipi di risate umane.
La risata spontanea, emotiva, impulsiva e involontaria è una genuina espressione di divertimento e gioia ed è una reazione al gioco e allo scherzo; si manifesta nei sorrisi di un bambino o durante il maltrattamento o il solletico. Questa dimostrazione di divertimento è chiamata risata di Duchenne, dal nome dello studioso Guillaume-Benjamin-Amand Duchenne de Boulogne, che la descrisse per la prima volta a metà del XIX secolo.
Al contrario, la risata non Duchenne è un’imitazione studiata e poco emotiva della risata spontanea. Le persone la utilizzano come strategia sociale volontaria, ad esempio quando i loro sorrisi e le loro risate punteggiano le conversazioni ordinarie, anche quando quelle chat non sono particolarmente divertenti.
Le espressioni facciali e i percorsi neurali che controllano questi due tipi di risate sono diversi. La risata Duchenne nasce nel tronco cerebrale e nel sistema limbico (responsabile delle emozioni), mentre la risata non Duchenne è controllata dalle aree premotorie volontarie (pensate per partecipare ai movimenti di pianificazione) della corteccia frontale. I meccanismi neurali sono così distinti che solo un percorso o l’altro viene interessato in alcune forme di paralisi facciale. Secondo Wilson e Gervais, le due forme di risata e i meccanismi neurali dietro di esse si sono evoluti in tempi diversi. La risata spontanea ha le sue radici nei giochi dei primi primati e infatti ha caratteristiche in comune con le vocalizzazioni degli animali. La risata controllata potrebbe essersi evoluta in seguito, con lo sviluppo delle conversazioni sociali.
In definitiva, suggeriscono gli autori, la risata dei primati è stata gradualmente cooptata ed elaborata attraverso l’evoluzione biologica e culturale umana in più fasi. Tra quattro e due milioni di anni fa la risata di Duchenne divenne un mezzo di contagio emotivo, un collante sociale nei nostri antenati e promuoveva interazioni tra i membri di un gruppo in periodi di sicurezza e sazietà.
La risata non Duchenne comparve in un secondo periodo, insieme al suo lato oscuro: strategica, calcolata e persino derisoria e aggressiva.
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Perché ridiamo degli errori?
In un libro del 2011, Inside Jokes: Using Humor to Reverse-Engineer the Mind (MIT Press, 2011), di Matthew M. Hurley e Reginal Adams, Jr., gli autori si domandano perché ci piacciano gli errori, dandosi questa risposta: il riso è la “ricompensa emotiva per aver scoperto e quindi annullato gli errori del pensiero. Non ci piace fare gli errori, ci piace eliminarli”. Inoltre, la risata è un segno pubblico della nostra capacità di riconoscere le discrepanze.
Poiché cogliere le incongruenze richiede un bagaglio di conoscenze e credenze, la risata condivisa segnala una comunanza di visioni del mondo, preferenze e convinzioni, che rafforza i legami sociali e il senso di appartenenza allo stesso gruppo.
Si ride più da soli o in comapagnia?
Robert Provine dell’Università del Maryland, nella contea di Baltimora, ha mostrato in Current Directions in Psychological Science, che gli individui ridono 30 volte di più in compagnia degli altri che da soli. Nella sua ricerca, lui e i suoi studenti hanno osservato di nascosto le risate spontanee mentre le persone svolgevano i loro affari in contesti che andavano dal sindacato studentesco ai centri commerciali.
L’umorismo ha un ruolo nell’attrazione sessuale?
Sembra di si. In un certo senso, saper essere divertenti è segno di un cervello sano e di buoni geni, e di conseguenza attrae partner. I ricercatori hanno scoperto che gli uomini hanno maggiori probabilità di essere divertenti e le donne hanno maggiori probabilità di apprezzare un buon senso dell’umorismo, vale a dire che gli uomini competono per l’attenzione e le donne scelgono.
Dr. Walter La Gatta
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Fonte
Scientific American
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