Pessimismo e problemi cardiocircolatori

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Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di mortalità nei paesi industrializzati [Waters DD. 2010].  In uno studio condotto su oltre 120.000 soggetti, la maggior parte delle persone con problemi cardiovascolari (75% delle donne e 80% degli uomini) è interessata ad almeno uno di quattro principali fattori di rischio fisiologico: diabete, ipertensione, fumo o colesterolo elevato [Khout UN, Bajzer CT, Sapp SK, 2003 ].

Ci sono tuttavia anche pazienti con problemi cardiocircolatori che non sono interessati ai fattori di rischio di cui sopra e soggetti con uno o più fattori di rischio che non hanno malattie coronariche. Questo significa che gli aspetti psicosociali potrebbero a volte entrare in gioco come fattori protettivi o di rischio per la malattia coronarica. Ci si è dunque chiesti quale potrebbe essere il ruolo di una tendenza all’ottimismo o al pessimismo, in relazione a questa patologia.

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I termini ottimismo e il suo contrario, il pessimismo, derivano  dalle parole latine ‘optimus’ e ‘pessimus’, con il significato di ottimo e pessimo. Come si capisce anche intuitivamente, gli ottimisti hanno la sensazione o la convinzione che il futuro porterà eventi favorevoli, mentre i pessimisti hanno la sensazione (o la convinzione) che dal futuro sia più ragionevole aspettarsi cose cattive e non cose buone. Le persone con queste due tendenze vengono dunque classificate come “ottimiste” o “pessimiste”.

Quanto detto potrebbe portare alla conclusione che ottimismo e pessimismo siano le due estremità dello stesso continuum unidimensionale (ottimismo disposizionale) tuttavia, il concetto di ottimismo e di pessimismo è stato a lungo controverso: in particolare ci si è chiesti se il costrutto dell’ottimismo dovrebbe essere visto come un’unica dimensione con poli contrapoosti, o se ottimismo e pessimismo dovrebbero essere osservati come due dimensioni distinte, che esistono simultaneamente, ma che possono essere disgiunte l’una dall’altra.

Come altri tratti della personalità, anche ottimismo e pessimismo caratterizzano un individuo nelle situazioni normali e sono caratteristiche stabili e prevedibili, una volta che si sono evolute. A differenza, ad esempio, del tono dell’umore, che può variare, questi tratti di personalità sembrano rimanere gli stessi, malgrado il variare dei tempi e delle situazioni [Billingsley KD, Waehler CA, Hardin SI, 1993, Schou I, Ekeberg O, Sandvik L, Ruland CM. 2005; Koivumaa-Honkanen H, Kaprio J, Honkanen RJ, Viinamäki H, Koskenvuo M., 2005]. 

La ricerca sulla malattia coronarica si è principalmente focalizzata sui fattori di rischio fisiologici, e per questo i possibili fattori di rischio psico-sociali non sono molto ben conosciuti. Alcuni studi tuttavia li hanno presi in considerazione: ad esempio, nello studio INTERHEART è stato dimostrato che i fattori psicosociali erano uno dei fattori di rischio più significativi per l’infarto miocardico [Yusuf S, Hawken S, Ôunpuu S, Dans T, Avezum A, Lanas F, et al. 2004; Rosengren A, Hawken S, Ôunpuu S, Sliwa K, Zubaid M, Almahmeed WA, et al. 2004].

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Nella maggior parte degli studi in cui i fattori di rischio psicosociali sono stati collegati alla malattia coronarica, l’attenzione è stata per lo più data ai sintomi psicopatologici  e non al ruolo della costruzione della personalità. Tuttavia, in alcuni studi è stato mostrato un collegamento diretto tra tratti di personalità, morbilità psichiatrica [Achat H, Kawachi I, Spiro A, DeMolles DA, Sparrow D. 2000; Oleski J, Cox BJ, Robinson J, Grant B., 2012], funzionamento fisico [Scheier MF, Carver CS, 1992], mortalità generale [Koivumaa-Honkanen H, Honkanen R, Viinamäki H, Heikkilä K, Kaprio J, Koskenvuo M., 2000] e carico di malattia [Chapman BP, Roberts B, Lyness J, Duberstein P, 2013].

Il legame tra salute fisica e ottimismo e pessimismo intesi come tratti di personalità non è stato ampiamente studiato. Due studi di follow-up a lungo termine su uomini anziani hanno però suggerito che uno stile del pensiero ottimista sembra proteggere dai disturbi cardiovascolari [Kubzansky LD, Sparrow D, Vokonas P, Kawachi I, 2001l e dalla morte per cause cardiovascolari [18]. In un ampio studio condotto su donne, è stato trovato tra le ottimiste un minor rischio di malattia coronarica [Giltay EJ, Kamphuis MH, Kalmijn S, Zitman FG, Kromhout D. 2006]. 

Un recente studio finlandese (Pänkäläinen MT, Kerola TV, Hintikka JJ., 2015) ha voluto indagare questo legame fra ottimismo e pessimismo in relazione al rischio di contrarre malattie cardiocircolatorie.

 

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Risultato: il pessimismo sembra essere un fattore di rischio significativo per la malattia coronarica negli uomini, ma per contro l’ottimismo non sembra essere un fattore protettivo.  Non è stato trovato invece nelle donne lo stesso collegamento tra pessimismo e malattia coronarica (il meccanismo di questa differenza di genere non è del tutto chiaro, anche se si sa che uomini e donne reagiscono in modo diverso allo stress).

Secondo questo studio dunque, è importante prestare attenzione anche alle componenti psicosociali, quando si pianifica la prevenzione della malattia coronarica, specialmente per quanto riguarda gli uomni. Misurare il grado di pessimismo non è difficile e, una volta accertato, si possono suggerire azioni preventive di tipo psicologico contro le malattie coronariche.

Dr. Giuliana Proietti

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Fonte:

Pänkäläinen MT, Kerola TV, Hintikka JJ. Pessimism and the risk for coronary heart disease among middle-aged and older Finnish men and women: a ten-year follow-up study. BMC Cardiovascular Disorders. 2015;15:113. doi:10.1186/s12872-015-0097-y.

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